Questo breve ma intenso saggio tratta due eventi internazionali rilevanti che stanno sconvolgendo il pianeta: pandemia Covid e guerra in Ucraina.
Perché hai deciso di intraprendere questa difficile avventura? Come è maturata in te l’esigenza di gettare su carta il tuo pensiero e quali sono i valori che vorresti trasmettere a chi leggerà il tuo libro?
La scelta di trascrivere i miei pensieri su carta è nata dalla frustrazione che affiora prepotentemente quando ti accorgi che alcune buone idee non vengono ne ascoltate ne condivise. Osservare un fenomeno da un’altra angolazione ti regala una diversa visione del fatto e ti da consapevolezza del suo mutamento ed evoluzione. Con questo saggio mi piacerebbe fornire nuovi strumenti utili alla comprensione di ciò che ci sta accadendo, infondendo nel lettore una molteplicità di dubbi che spero saranno in grado di risvegliarlo e renderlo più partecipe, tanto della vita privata quanto di quella pubblica. “L’unione della forza dei più deboli sarà sempre maggiore della forza del più forte”
Tornando ai temi COVID e guerra in Ucraina. Quale ragione ti ha spinto a raccontarli, dal tuo punto di vista, in unico testo? Ci sono dei legami fra i due argomenti, dei punti di contatto, una continuità storica, delle relazioni politiche e/o sociali?
Si ha l’impressione che la storia si ripeta ciclicamente e, per contro, che molte persone pensino che conoscere gli errori del passato non sia una grandissima risorsa da sfruttare per poterli evitare. Non ci si rende conto che l’informazione può diventare un’arma capace di influenzare il sentire di intere popolazioni. Il motivo per cui ho ritenuto utile trattare in un unico saggio le tematiche legate alla pandemia con quelle della guerra in Ucraina è nato osservando la gestione delle notizie, e di come queste siano determinanti nel contaminare il pensiero di massa. Quest’uso dell’informazione può influenzare l’opinione dei cittadini, determinare atteggiamenti e influire su decisioni che potrebbero contribuire a mutare il percorso degli avvenimenti. Sia durante la pandemia, ed ancor di più durante la guerra, la gestione di alcune notizieè risultata strategica e funzionale all’allineamento dell’opinione pubblica. Quindi ritengo che questo sia l’anello di congiunzione che lega indissolubilmente gli eventi catastrofici di questa epoca malata.
In sole 100 pagine riesci a condensare, in un turbinio narrativo, molti argomenti, alcuni solo marginalmente ma credo tutti significativi di una decadenza ormai globalizzata. Tra questi l’energia. Ci puoi sintetizzare la tua posizione che, parzialmente, si percepisce ma non emerge chiaramente?
La vera anima sorridente che mi ha spinto a focalizzare tali argomenti risiede proprio in quella zona più verde e luccicante, colma di cascate, utilizzate per una produzione sostenibile, dove gli immensi prati fioriti, dopo averci regalato i pollini essenziali alla vita, possono diventare una risorsa utile ad una filiera produttiva basata sulla trasformazione di materiale naturale in bioplastica, biodiesel o carta sostenibile. Quel posto fervido e colorato, dove la natura diventa l’unico fornitore di soluzioni possibili, è il luogo dove meglio si rispecchia il sentire ecologista dove “nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma”. Immagino una società sinergica capace di trasformare i rifiuti in risorsa, dove le energie per trasformarli vengano prodotte in modo sostenibile e senza creare inquinamento da smaltire. Vorrei fosse possibile trasformare le filiere energivore ed inquinanti in filiere più sostenibili, anche solo evitando l’emissione in atmosfera di inquinanti che rappresentano comunque un aumento dei costi per il loro smaltimento. Desidererei una nazione dove il fotovoltaico nelle zone commerciali e artigianali diventasse obbligatorio, che fosse in grado di sostenere e rilanciare i consumi energetici industriali, arrivando ad alleggerire i costi di produzione ed eliminando l’inquinamento dovuto all’approvvigionamento energetico necessario.
Il titolo del libro lascia un po’ basiti e combattuti nel cercare di interpretare cosa sottenda: una svista, un errore tipografico, una licenza dell’autore o un significato ermeneutico?
Il titolo ha sicuramente un aspetto interpretativo preponderante: la formula giusta in italiano sarebbe stata “L’ira che non avrei voluto” se avessimo avuto una scelta. Il condizionale sarebbe stata la forma più adatta se fossimo stati attori consapevoli e consenzienti, se avessimo avuto voce in capitolo anche solo in piccola parte o in uno degli avvenimenti che ci stanno flagellando. Ho invece scelto come titolo “L’ira che non VOLEVO” proprio perché non abbiamo potuto fare nulla per renderla opinabile, alternativa o una condizione facoltativa. È arrivata in sordina, lasciandoci un’unica possibilità: reagire ripartendo da noi stessi per rendere migliore la società in cui vogliamo vivere.
Ho apprezzato il tuo entusiasmo, la tua curiosità, la ricerca che hai svolto per raggiungere questo risultato. Ora un po’ di atteggiamento sanamente critico. Quali sono i punti deboli del tuo risultato letterario, quali sono gli aspetti che potresti migliorare?
Tantissimi, se non tutti, sono gli aspetti migliorabili: non sono uno scrittore e non ho competenze particolari in ambito economico e politico. Non ho mai abbracciato l’idea che possa diventare un libro di “successo” e non l’ho assolutamente scritto con spirito mercenario. In realtà tutti gli aspetti legati alla commercializzazione li ho affrontati finita la stesura, proprio per salvaguardare l’essenza di ciò che ho provato a descrivere, tentando comunque di rendere argomenti spinosi e difficili in percorsi colorati e colmi di sfumature fresche ed effervescenti. L’esigenza di comunicare ha superato la mancanza di competenze ed è stata capace di spingermi, con la giusta prospettiva mentale, all’interno di un viaggio affrontato con fiato corto ma in grado comunque di regalarmi/ci immagini nitide da condividere a tutti i costi.
Intendi continuare ad approfondire queste tematiche?
Se sarà necessario ne sarò lieto e onorato, significherebbe che i contenuti de “L’ira che non VOLEVO” non sono risultati poi così scontati, miopi, già visti o sentiti. Vorrebbe dire che l’escalation del conflitto in Ucraina si è concretizzata proprio nei tempi previsti, quando i terreni ritorneranno a poter sostenere l’avanzata dei mezzi pesanti ancora assenti all’interno del territorio in conflitto. Sarebbe una soddisfazione agrodolce per vari motivi: la guerra sarebbe ancora in essere per tutto l’inverno, sorpassando un Natale che in occidente potrebbe essere opaco come mai in precedenza, la nostra stupida miopia sarebbe ancora protagonista della politica sia nazionale che internazionale e che i nefasti eventi subiranno un’evoluzione impregnata ancora dalla gestione privata dell’informazione. Vorrebbe dire che la necessità di comunicare un disegno più ampio di quello propinato alle masse, diventerà nuovamente impellente, fervida e fresca. Una soddisfazione netta e saporita sarà comunque rappresentata nel concretizzarsi della speranza che questo saggio verrà letto, compreso, forse biasimato ma comunque reputato utile.
Infine quali fonti hai utilizzato per la ricerca delle informazioni e quali fonti potresti utilizzare per eventuali approfondimenti?
Ho provato sempre a partire da fonti certe ed inoppugnabili, da eventi ormai riportati nei libri di storia, dalle comunicazioni ufficiali da parte di organi internazionali e da interviste, anche trasmesse sui canali nazionali, capaci di sostenere una diversa angolazione con cui si guarda agli eventi. Un modo di essere da rispettare in qualsiasi percorso personale o lavorativo, in grado di rappresentare la stella che orienta il cammino, di fornire sempre un punto di partenza solido e concreto, accompagnandoti lungo tutto il viaggio senza disturbare. Una modalità di osservazione facile da comprendere e condividere, che poggia sui dati di fatto e concretizza la voglia di evolversi di ognuno di noi.