Un thriller ambientato a Verona
Ai piani alti della Cia, a Langley, gli uffici si affacciano sul Potomac. Anche le finestre della questura di Verona guardano sull’Adige. Un filo sottile, eppure resistente come la trama del tempo, lega l’edificio che custodisce i misteri e le operazioni più segrete del pianeta e il decrepito palazzetto dove i funzionari trascinano nella routine le loro pratiche di periferia: incidenti, omicidi, qualche strano traffico. Fino a quando due missili polverizzano la quiete della campagna veneta e riducono a un ammasso contorto l’auto di due potenti imprenditori.
Senza piste da seguire, l’indagine si arena nonostante la presenza di un testimone oculare, che presto si trova suo malgrado al centro dell’azione, in una spy-story che nasconde altri segreti e verità inconfessabili, fino alla sorprendente rivelazione finale. In mezzo, un girotondo al quale prendono parte i vertici dell’intelligence americana e le schegge impazzite dell’ex Unione Sovietica, un tranquillo commissario di polizia e un archivista del giornale locale, un’affascinante spia venuta dall’Est e un gruppo di spietati professionisti che organizzano piccole guerre in conto terzi. E sullo sfondo l’elegante e gelido sottobosco del business internazionale, che si muove tra crimine e affari illeciti.
Una trama complessa che Luca Sguazzardo mostra di saper governare senza difficoltà, sia perché conosce bene la città e i suoi meccanismi, sia per una passione di lunga data per le ombre della guerra fredda, procedure e strumenti compresi. Il fatto di essere anche un abile fotografo, lo spinge poi a scrivere per immagini, componendo un film al quale non fa mancare nemmeno un’accurata e appropriata colonna sonora. In attesa che le tessere del mosaico, mille volte rimescolate, mostrino il disegno nascosto, a tenere banco tra le pagine è Verona, all’apparenza placida e noncurante, ma capace di offrire scorci inquietanti. Crocevia di molte vicende a metà fra cronaca, politica internazionale, terrorismo e spionaggio, anche in questo caso si dimostra non un semplice sfondo ma protagonista della narrazione insieme ai suoi luoghi suggestivi e alle figure falsamente innocue che la abitano. Forse Shakespeare lo aveva intuito quando scriveva che fuori dalle mura di Verona non c’era mondo: perché Giulietta e Romeo, probabilmente, erano due spie che si amavano.Un
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