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Nel 2015, tradendo anni di vita e d’insegnamento nei licei e poi all’università, dedicati alla filosofia, cominciai a scrivere un romanzo, Il rosso è un colore, QuiEdit, 2020 Verona, in cui,  avevo avuto l’idea di far diventare Galileo un  investigatore. Infatti, il sottotitolo chiariva così: Per salvare un amico il giovane Galileo investiga a Padova azioni umane e sensate esperienze.

Antonino La Russa - Già docente di filosofia teoretica e di filosofia della comunicazione presso l’Università degli studi di Verona.

In precedenza, avevo compiuto delle ricerche all’Archivio di Stato di Padova per capire il clima storico, con i personaggi reali che Galileo probabilmente aveva incontrato. Tanti abitavano al Vignale, una strada di abitazioni di un certo pregio, circondate da appezzamenti di terreno a vigna, dove anche Galileo si era stabilito quando, dopo la nomina del 1592, aveva consolidato la sua posizione di Lettore delle Matematiche nell’Università di Padova. Altri personaggi degli atti notarili erano suoi amici come il collega Cesare Cremonini,  o nobili veneziani e fiorentini, come Francesco Sagredo, Alvise Cornaro, Filippo Salviati, Benedetto Landucci.

Su tutti mi interessò Pietro Alzano, un nobile bergamasco, rettore degli studenti Legisti, vittima di un omicidio di cui trovai traccia anche in un manoscritto di Niccolò di Rossi, un cronista padovano del tempo. Alcuni avevano detto che nell’omicidio era implicato il duca Alessandro d’Este, altri  i gesuiti, i quali si sarebbero vendicati della forte opposizione del rettore all’espansione del Collegio gesuita ai danni dell’Università.

A questo punto ebbi la fortuna di scoprire tra gli atti notarili una puntuale descrizione di un contenzioso tra una certa Andrana e gli eredi dell’Alzano. Si capiva che il giovane Alzano aveva tenuto con la donna una tresca in cambio di protezione, promessa con un atto della magistratura del Sigillo, e ora gli eredi non volevano cedere in nessun modo nella divisione dei beni del nobile. Da qui, dalla complessità dell’intreccio della vicenda delittuosa, scoccò la scintilla per dar vita a un romanzo giallo.

Giallo rinascimentale con Galileo Galilei

La storia s’incanalò su due filoni: uno storico-politico attorno alla misteriosa morte del rettore e l’altro privato, personale, che coinvolgeva la famiglia di un carissimo amico di Galileo che lo aveva aiutato molto nei primi mesi a Padova. Gerolamo Canepari, così si chiamava l’amico, aveva agito per conto di un ammiratore di Galileo, Vincenzo Pinelli, bibliofilo e appassionato collezionista. Ora, un figlio di Canepari veniva accusato di furto approfittando della sua carica di reggitore del palazzo del Marchese Guido del Monte, altro amico e ammiratore di Galileo. L’accusa toccava particolarmente  lo scienziato che aveva raccomandato, per l’incarico di reggitore di Palazzo del Monte, proprio il figlio di Canepari.

L’intreccio,  secondo le regole classiche tenderà a far incontrare i due filoni dapprima lontani, e Galileo, che inizialmente entra nella storia e investiga per salvare la famiglia dell’amico, alla fine si trova ad essere implicato anche nella storia a carattere politico con al centro il rettore Alzano.

Nello stesso tempo egli dovrà risolvere pressanti problemi familiari a causa dei fratelli Livia, Virginia e Michelangelo che bussano insistentemente alla sua porta per suoi interventi di sostegno finanziario alle loro scelte di vita. Anche la madre Giulia Ammannati non si tira indietro e assilla il figlio. Egli così apre un laboratorio di ricerca scientifica e nello stesso tempo di produzione di materiali e strumenti nuovi, che attirano un pubblico sempre più vasto di ammiratori e clienti. Essi acquistano  i suoi compassi geometrico-militari, occhiali, calamite e… idee per risolvere problemi pratici, per esempio, per il sollevanto delle acque, consigli nell’arte della guerra, o sul migliore modo di costruire le fortificazioni ecc.

Nello stesso tempo, Galileo, per sfuggire alle pressioni sempre più forti di questo contesto di vita e per distrarsi, accoglie, come ormai era divenuta quasi un’abitudine, l’invito a recarsi a Venezia, ospite di palazzo Sagredo, per trascorrere alcuni giorni di vacanza. L’amico Francesco Sagredo, di ritorno da Londra, ha delle novità: gli farà conoscere un nuovo amico inglese e lo porterà con sé alla festa di Dionigi Gamba, un ricco mercante che, nonostante la crisi dei commerci, ha accumulato molto e vorrebbe innalzarsi socialmente, legando le figlie con qualche famiglia nobiliare veneziana  di antico lignaggio. Dà una sontuosa festa  per la maggiore età di Ersilia, la figlia più piccola. Durante la festa Galileo è in un certo senso costretto a suonare il liuto in coppia con Marina, la figlia più grande di Dionigi. L’esecuzione dei brani per i due giovani è coinvolgente come se li ispirassero Pan ed Eros. Da qui la storia si allarga sia per i nuovi sentimenti che hanno investito Galileo, che per un fatto di cui viene a conoscenza proprio durante la festa e che coinvolge oscuri personaggi potenti che si vanno movendo nell’ambiente padovano per rilanciare il partito dei gesuiti che era stato precedentemente sconfitto, soprattutto grazie al rettore Pietro Alzano.

Si vengono a costituire due blocchi di forze contrarie che  si scontrano sotterraneamente con colpi bassi, da una parte, e una trappola concepita da Galileo e dai suoi amici con un meccanismo articolato su più livelli. Nell’ultima parte del romanzo la trappola domina la macchina narrativa del romanzo e ovviamente non può essere descritta, ma deve essere letta, per conoscere l’esito incerto fino alla fine… e perciò incerto rimane anche in questa ricostruzione sintetica del mio romanzo che si può definire giallo-storico.

Fortunatamente, un giallo storico

Voglio concludere con una nota personale sull’atteggiamento dominante in coloro che, attorno a me, in qualche modo hanno seguito  la stesura del romanzo.

Ciò che non mi aspettavo, e a cui non mi abituai, fu la scoraggiante sorpresa di molti: Un romanzo storico? Oggi? Su Galileo? Ma ce n’è proprio bisogno? Non sai che oggi  vanno, e sono assunti  nell’olimpo delle graduatorie del successo, solo  romanzi “attuali”, con personaggi e problematiche del nostro tempo?  Alcuni non si fermavano lì, ma dovevano affondare la stoccata finale contro la mia intenzione: E poi, un filosofo cosa può offrire di romanzesco? Dal punto di vista biografico i filosofi sono noiosi e troppo presi dalle loro idee.

A quel punto mi potevo salvare solo in angolo, come si dice nel linguaggio calcistico: notavo che, al contrario di ciò che avviene nei saggi filosofici, non si scrive un romanzo per un bisogno collettivo, ma per ragioni intime, misteriose maturazioni interiori. E per fortuna! Almeno dentro di me potevo salvare il “mio” Galileo dall’accerchiamento delle spietate leggi del mercato. Ma, è ovvio,  non mi abbandonò il timore che delle vicende e del clima storico del mio romanzo, delle congiure dei Gesuiti, degli omicidi, della Padova della fine del Cinquecento, del primo incontro del grande scienziato con Marina Gamba, e tanto altro ancora, chissà che cosa sarebbe rivissuto nell’animo dei lettori.

Il romanzo uscì alla fine del 2020. La pandemia fece la sua parte, ma anche la mia “fortuna” per cui i miei timori spesso si avverano: e infatti così avvenne, nonostante le tante attestazioni degli amici, anche di quelli che avevano accompagnato la gestazione del romanzo con le loro forti critiche alla scelta storica.

Ora è uscito l’ultimo romanzo di Marco Malvaldi, Oscura e Celeste, che ha come protagonista Galileo investigatore. Mi ha fatto molto piacere, perché c’è un altro autore che oggi, nonostante le presunte leggi del mercato, crede ancora alla fedeltà verso le ragioni intime e alle misteriose maturazioni interiori.  Buona fortuna, caro Malvaldi.

Antonino La Russa
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Antonino La Russa è stato per anni professore di Filosofia e Storia nei Licei, dirigente scolastico e, dal 2000 al 2014, docente a contratto di Filosofia teoretica e di Filosofia della comunicazione nell’Università di Verona.

Le sue ricerche filosofiche hanno riguardato:

– il problema della conoscenza, con studi sul filosofo veronese Giuseppe Zamboni (vari articoli in volumi miscellanei e riviste specializzate, la cura di due inediti in Sei opuscoli zamboniani su Husserl, su Kant, sulla causalità, IPL, Milano 1990 e la riedizione dell’Itinerario filosofico, QuiEdit, Verona 2018);

– l’interpretazione di questioni di filosofia della scienza. In quest’ambito ha pubblicato Dal cielo antico all’universo macchina, Canova, Treviso 1994 (1995, seconda edizione), Dalla crisi del meccanicismo alla complessità, Canova, Treviso 1999, L’io nell’era tecnologica, QuiEdit, Verona 2006, Un’idea della filosofia, QuiEdit, Verona 2007, Lo scacco e la ripresa, QuiEdit, Verona 2009, Studi e ricerche galileiane, QuiEdit, Verona 2015.

Ultimamente ha pubblicato un romanzo a carattere storico, con protagonista il giovane Galileo nella Padova di fine Cinquecento: Il rosso è un colore, QuiEdit, Verona 2020.

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